L’attesa del piacere è essa stessa il piacere, recitava il famoso sonetto di Gotthold Ephraim Lessing. Siamo agli sgoccioli oramai, manca solo, si fa per dire, la gara per la quale abbiamo faticato, sudato, manca l’evento che abbiamo più volte sognato. Forse non ci siamo resi conto di tutto il percorso fatto finora, la fatica l’abbiamo fatta eccome, anche qualche scaramuccia e di sicuro parecchio stress, ma queste sono cose che si dimenticano in fretta.

Siamo lungo l’autostrada che ci porta a Chamonix, passiamo per un istante, che pesa come 114km sulle gambe, attraverso l’anfiteatro morenico, teatro di una delle gare che assegnavano i punteggi UTMB. Inutile raccontare come anche solo vedere certi posti fa riaffiorare alla mente sensazioni e momenti ben incisi nella memoria. Non siamo qui per rivivere nostalgici passati gloriosi, siamo qui per chiudere il cerchio, siamo qui per fare il Monte Bianco.  Abbiamo preso i punti, ci siamo iscritti e siamo stati scelti, tutto diretto e forse per certi versi immeritato, c’è gente che ci prova per anni.

img_4730

Appena inizi a viaggiare verso le montagne il tempo assume un peso diverso, sembra voler rallentare per lasciarti assaporare ciò che è realmente essenziale. L’ultima curva prima del traforo ci lascia a bocca aperta. Per fortuna c’è una coda di un ora, il giorno è limpido, tremendamente limpido, davanti a noi maestoso, imperturbabile e possente c’è lui, il Monte Bianco. Più lo si osserva e più lo si vuole osservare, è capace di attirare tutte le attenzioni su di se, svetta tra le altre cime, l’unica ricoperta da un manto bianco spesso e impenetrabile.

dscn1745

Dall’altra parte del tunnel c’è Chamonix, qui le cose cambiano e si avverte il clima di gara, tutta la popolazione sembra attendere questo evento, del resto la città e i paesi limitrofi si paralizzano, attendono ed esaltano il passaggio di questo treno di persone, che diciamolo, di normale hanno forse poco.

Il clima è quello da ultimo giorno di scuola, però ad attenderci c’è l’esame, l’entusiasmo è palpabile e la voglia di partire oramai non si contiene.

Alex il più “navigato” ,in rete, ha trovato un appartamento a Les Houches, la cosa strana è stata che l’indirizzo era sbagliato e oltre ad aver pagato in anticipo e con cospicua caparra, in mano non avevamo altro che un numero di telefono, al quale, peraltro,  non rispondeva nessuno. Inutile dire che per qualche attimo, lungo davvero tanto, Christian e Stefano si erano già visti pernottare in macchina per due notti, bell’inizio. Per fortuna all’ultimo tentativo al telefono risponde una signora che ci guida fino all’apprtamento. Senza scendere nei dettagli (non ha senso) è preferibile apostrofare l’immobile come ha fatto un nostro caro amico:”a par na sauna”, grazie Piero.

img_4747

Finalmente con un tetto sicuro e rilassati ci prepariamo tecnicamente e fisicamente alla gara, con tre birre medie e davvero tanto formaggio. Si sa, non siamo professionisti, e vuoi il clima montano, vuoi la marea di gente presente nei paesi, “lasciarsi andare” al bar diventa cosa facile, detto fatto. Conosciamo un trailer tosto, lui di corsa ne sapeva parecchio, qualche parola assieme e qualche consiglio ci ha caricato ancora di più.

img_4740

Il ritiro dei pettorali ci catapulta a pieno nell’ambiente trail, a Chamonix c’è il mondo, c’è davvero. Decidiamo di riposare il più possibile prima della partenza, prevista venerdì alle 18:00. Passiamo il tempo a riorganizzare il materiale e dormire, streatchare ,mangiare e dormire ancora. Arriva non troppo velocemente il giorno della partenza.

img_4745

L’importanza, se così la possiamo definire, di una gara, la si capisce alla partenza, dai numeri,  87nazioni rappresentate, 2300 partenti, 3 stati attraversati, la montagna più alta d’Europa a far da cornice. Il quadro inizia a definirsi ed è forse migliore di ogni aspettativa, è un quadro stupendo, che, nel momento esatto della partenza ti carica come non mai. Corriamo i primi 8 km, di pianura, gli unici di tutta la gara, tra due muri di persone che applaudono, incitano e caricano tutti gli atleti. Non abbiamo mai partecipato ad una cosa simile, la fatica della corsa lascia spazio alla fatica di trattenere le lacrime. Con il tempo e le esperienze fatte fin ora abbiamo capito che non serve sempre essere concentrati nel risultato, serve anche sopravvivere di quegl’istanti momentanei che ti caricano, questo era uno di quelli, e ce lo siamo vissuti a pieno.

gopr1506-0001

La gara vera partiva dagli 8km, la prima salita. Molto professionalmente ci siamo muniti dell’altimetria, 170 km sono tanti e ragionare a piccoli passi, conquistare uno scollinamento alla volta alleggerisce, almeno mentalmente, il tutto.

Al secondo ristoro è già notte e per ora siamo ancora assieme. Già iniziano a cadere, vittima di una giornata no, i primi atleti, noi resistiamo bene, sappiamo che la notte è lunga e in montagna può esserlo ancora di più, poco male, la viviamo passo passo e prima o poi il sole sorgerà, come sempre.  La notte passata su e giù a 2000 metri,  coccolati da un cielo stellatissimo , lascia il posto ad una tenue luce, è l’alba.

dscn1779

I primi ristori del mattino sono sempre qualcosa di surreale, di notte corri da solo con te stesso, non ci sono distrazioni, fai i conti davvero con te stesso. Ma quando sorge il sole allora magicamente ti accorgi che c’è dell’altro, ci sono degli altri, e che talvolta proprio gli altri stanno come te.

Arriviamo a Courmayer all’incirca a mezzogiorno del giorno dopo la partenza, più o meno tutti assieme. Nella notte ci siamo separati, non di molto ,è vero, però quel che basta per fare ognuno “gara” a se. Prima di partire, senza tanti giri di parole ci eravamo detti che ognuno doveva fare il proprio viaggio personale, e se ci si incontrava per strada tanto meglio. Credete, certe esperienze, anche se partono di gruppo, rimangono questioni personali.  A Courmayeur siamo a metà gara. Il punto è cruciale perché ci arrivi che sei già fisicamente “alla frutta”, sono pur sempre 80km, ma devi avere abbastanza energie per concludere. Stefano si ferma poco, incontra Alex, ma parte subito, quest’ultimo lo segue poco dopo. Christian arriva molto rilassato, ha deciso di risparmiare il più possibile per la seconda parte. Purtroppo è stretto con i tempi di uscita dalla base vita e per colpa di un regolamento non letto e la troppa fiscalità della direzione viene squalificato. Solamente per 5 minuti. Immaginate arrivare alla gara che preparate da due anni, che in un certo senso vi ha fatto crescere e cambiare più di ogni altra esperienza, stare fisicamente bene, e essere squalificati per pochi minuti senza saperlo. Inutile continuare, sicuramente avete capito e vi state sentendo un po’ come lui. Grande comunque Christian.

Da Courmayer in poi sono 92 km, sempre in montagna, ma per fortuna i primi sono alla luce del sole, passano relativamente veloci. La questione cambia con l’arrivo della seconda notte. Già… la seconda notte.

Prima di questa gara avevamo gia corso di notte, avevamo gia provato la sensazione delle 24 ore insonni a correre, ma la seconda notte mai. Quando la luce scende e ti ritrovi nuovamente a fare i conti con te stesso diventa difficile, la stanchezza arriva ad una dimensione nuova.

Stefano è leggermente più avanti di Alex, sempre meno le persone con le quali condividere il viaggio, la questione diventa pesantemente personale. In questi momenti bisogna attingere dalle risorse mentali, è qui che come si sente dire, conta la testa.

Alex mentre corre si rende conto di non riuscire a seguire la direzione, gli occhi gli si chiudono sempre più spesso e il tempo non passa. Stefano inizia ad avere allucinazioni. E’ una cosa strana e difficile da spiegare, ma succede che pian pianino queste “visioni” si impossessano di te, dapprima sono controllabili, ma quando arriva la seconda alba sono predominanti. In momenti come questi sono due le alternative, o getti la spugna e ti accasci a terra per dormire sotto il primo albero oppure tieni duro perché prima o poi il sole risorge, come sempre. Questo è il caso di Alex e Stefano, tengono duro per fortuna, e passano la seconda notte.

All’alba ormai è fatta. Da li all’arrivo, manca sempre meno, ormai si ragiona a ore, non più a chilometri. Le ultime due asperità sono le più dure, non si capisce se perché sono le ultime o perché realmente le più toste, fatto sta che per superarle ci si appella solamente al desiderio di arrivare.

Ormai Alex e Stefano sono in una dimensione diversa, 40 ore di corsa in montagna ti cambiano, volente o nolente, parti che sei una persona e arrivi che sei diverso. Gli ultimi 2 km sono di liberazione. La civiltà si rimpossessa del paesaggio, le persone ti incitano, è incredibile, incitano uno ad uno tutti i finisher, c’è una sorta di rispetto profondo verso chi ce la fa, non importa che tu sia il primo o l’ultimo, è come se tutti sapessero che in realtà sei li per farcela, che il tuo scopo è arrivare, che il tuo Monte Bianco l’hai fatto.

All’arrivo ad attenderci c’è tanto, e non stiamo parlando solo della gente, della festa e della felicità. All’arrivo c’è la conclusione di un progetto, iniziato quasi per scherzo, ma mai mollato, c’è la consapevolezza che veramente tutto è possibile, basta crederci. C’è la voglia di gridare al mondo di alzarsi, di uscire dai margini di sicurezza, che oltre quel muro c’è un mondo, c’è la voglia di dire a voce grossa di prendere in mano i propri sogni e combattere per realizzarli, insomma, c’è la voglia di dire 0-169!!!!

dscn1801